Cavalieri e Dannati

Che siano fati o cavalieri, che sia il dorso spinoso del drago, o il beato ruggito del dubbio, lungo le sponde del fiume si avvilisce il mio sentimento più puro, guardando alla libertà del cielo, gustando l’ultimo respiro d’aria che il mio corpo poteva trattenere.
Mentre il freddo acuisce il torpore nella valle, le mie labbra cercano di sussurrare ancora una volta la verità sul mondo, quanti vili codardi si annidano in queste tane, quanti pusillanimi, porci e dannati, quanti peccati tutti loro hanno mietuto a discapito delle piccole anime.
Il fuoco divampa dentro di me, mentre la luce della rivelazione punisce insentenziabilmente le anime corrotte che hanno accarezzato il mio viso, con gli occhi fissi, persi nella profondità dei miei abissi.
Ho assaporato ancora una volta il sangue dolce delle più sporche anime, mi sono fatta spada nel ventre degli stolti, giudice nella vita degli ignoranti.
Mentre profondevo di auliche parole, un vezzo al cuore, strappava lacrime sincere, per la distruzione che mi consumava dentro, di tempeste e tempi passati, questi giorni sono segnati, ancora una volta ho fermato la mano sulla porta, prima che il mio dolore trasformasse in torto la ragione, prima che la mia dannazione mi portasse a sviscerare ogni cuore dal proprio portatore.
Quanta perversione striscia nella magione, quanta calma sottile, serpeggia nei comportamenti sinistri di persone dal poco valore, quanto fragore quando il fuoco ha estirpato il vostro vizio malato, separando quei corpi impuniti dai vostri capi, spiritualmente sopiti.
Ho sorriso perversamente, non negando, quanto abbia goduto, nel perseverare diabolicamente il venire del giudizio, che brevemente ha distrutto tutto, così intensamente.