A volte un passo viene bloccato ancor prima di essere mosso, un sospiro viene esalato ancora prima che qualcosa di brutto possa accadere. È premonizione ? O negativismo ? Semplicemente il passato tende a informare il futuro e a condizionare il presente. Siamo schiavi di ciò che nel nostro accaduto ci ha resi in qualche modo più prudenti e più scoraggiati nella vita. Vediamo le cose che dovranno accadere con gli occhi che furono e non con gli occhi che abbiamo. Certi traumi si rivivono ogni qualvolta che la bellezza sfiora la nostra vista, per paura di perderla. L’agire dettato dalla paura è così limitante, ma a volte è solo un principio di autoconservazione: preferiamo rinunciare a qualcosa di bello per paura che la natura stessa della bellezza che potremmo vivere si trasformi, un domani, nella fonte del nostro dolore. Dovremmo liberarci dallo stigma delle sofferenze passate, ma teniamo il dolore così vicino a noi, per ricordarci ciò che può renderci offesi e infelici. È questo stesso monito, a vincolarci in uno spergiuro esistenziale; non siamo mai veramente liberi, e chi del proprio passato non tiene conto, si ritrova perpetuamente nelle stesse dinamiche disfattiste, vittima di qualche circolo vizioso di negazione e speranza. Ciò che annienta di più un’anima a questo mondo è l’incapacità di avere criterio in ciò che si può sperare e a ciò che ha senso rinunciare. Viviamo di assoluti in queste circostanze: o siamo viziati dal passato e ci precludiamo il futuro; o siamo ignoranti del passato e siamo condannati a riviverlo. Dov’è il giudizio oggettivo ? Dove il criterio più giusto si può manifestare in equilibrio tra la speranza e la rinuncia ? L’essere umano è così debole e irrazionale sotto diversi punti di vista, non discerne nulla di più che il riconoscimento dei propri limiti. Ma la presa di coscienza di un agire umano, non può essere il fine ultimo di una ricerca, ma la base per intraprendere un’evoluzione dell’agire stesso. La stessa natura evolutiva è comunque viziata dall’incapacità di un divenire più razionale. Raramente possiamo plasmarci sul tipo di ideale che vorremmo perseguire, i fattori esogeni ci condizionano più radicalmente delle nostre motivazioni; perché ? Quando la limitazione di una persona è essa stessa l’espressione di una persona limitata ? Quando l’evoluzione ha smesso di contribuire al modificarsi del comportamento umano, in favore del più opportuno e facile apparire ? Viviamo di assoluti, ma siamo esseri relativi, ciò che non ci concerne viene etichettato come ideale e smettiamo di provarci, di crederci e sprofondiamo nella mediocrità. Tutto ciò che per noi arriva alla fine, dovrebbe essere solo la prossima base di partenza. Quando smettiamo di voler andare oltre le cose, l’apparire di un agire, la presa di coscienza di un’essenza; smettiamo di mettere in discussione tutto ciò che sappiamo, smettiamo di progredire. Non c’è niente di più triste dell’ignoranza, siamo prodotti dell’infelicità, in ogni modo: la conoscenza produce infelicità, la stessa intelligenza è una virtù infelice che porta all’incomprensione dei più. L’ignoranza porta tristezza, perché non si hanno gli strumenti e le capacità necessarie per cambiare la propria vita. Sarà un pensiero cinico e negativo, ma tutto ciò che è vero nel mondo non può essere eluso per comodità. La comodità stessa è solo un limite e una scusa per restare inerti nella vita.