Il mondo era diventato d’improvviso più piccolo. Ogni anno che passava, si restringeva tutto, le persone diventavano ricordi. La gioia di vivere si consumava come un panetto di burro. Tutto nel mondo cambiava, e non sempre cambiava in meglio. Quasi mai lo faceva. Ogni qualvolta potessi sperare nel bene, in qualcosa di profondo, la disillusione non tardava mai ad arrivare. Pareva quasi un orologio svizzero, così doveroso - così ligio al suo dovere sadico - nell’informarmi che la felicità di un secondo era già passata, e il disfattismo del prossimo quarto d’ora sarebbe parso durare intere ore. La mia mente - che sempre si interrogava sul senso delle cose, che sempre macinava riflessioni e postulava tesi sul mondo e sulle persone - non si sconcertava nemmeno più. Ogni delusione dietro l’angolo che sbucava fuori d’improvviso era facilmente scrutabile diversi angoli prima. Mi causava quasi ilarità, quando saltava fuori, perché ormai era mia abitudine, percepire la sofferenza come una costante nella mia vita. Sempre l’universo doveva testare i limiti della mia sofferenza. Pareva quasi ironico e divertito, nel martoriarmi ogni anno. Quasi ingegnoso, come ogni volta si metteva d’impegno a escogitare qualcosa per spezzarmi nel profondo della mia anima. Non imparavo più nessuna nuova lezione, sapevo gestire il male che entrava nella mia vita. Sapevo discernere lo strambo agire delle anime; ancora non capivo dove avesse origine l’ipocrisia umana: se fosse intrinseca nella natura propria dell’uomo, o se fosse la risultante di qualche esperienza, trauma o quel che fosse. Quel ticchettio era costante, rendeva frusta la mia vita, e la mia anima, ma era tutto ciò che possedevo: la consapevolezza di quanto il tempo scorra, di quanto le persone si comportino schematicamente. I dettagli erano l’unica variabile personale, ma nemmeno troppo, alla fine. Cosa potevo apprendere di più ? Sapevo vedere la verità dove la cercavo, sapevo leggere l’anima delle persone così bene, e sapevo leggere dentro di me, quasi fossi trasparente. Cos’altro dovevo cercare allora ? Sapevo dove il desiderio nascesse, come la passione mutasse l’agire delle persone; quando era appropriato intervenire e quando era meglio tacere. Sono ancora ignorante, e lo sarò sempre, in molte delle questioni della vita. Non mi frustra l’impossibilità di arguire ogni cosa, ma ciò che davvero è frustrante è questo stallo esistenziale, che non trova luogo nel mio pensiero, e io con esso non trovo né luogo né ragione del mio vagheggiamento esistenziale.